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Premessa

   A enunciare la natura di questo lavoro letterario basterebbe, credo, il titolo. Per quanto riguarda invece il suo scopo è necessario spiegare brevemente il sottotitolo. E per farlo, visto anche le cose e le pratiche citate nel medesimo sottotitolo, ho deciso di ricorrere al paragone, probabilmente abusato ma ancora efficace, con la spugna. Comune oggetto domestico che, come si sa, agisce in due fasi ben distinte sebbene indivisibili. Con la prima azione esso assorbe tutto ciò con cui viene a contatto, trattenendolo e nascondendolo per poi rilasciarlo in forma di solito completamente diversa da quella dell’incetta iniziale. Almeno quando il rilascio – trasfigurato dai geni trasformatori del talento e dell’impegno – assume le caratteristiche inequivocabili – la verità poetica della bellezza – dell’opera d’arte letteraria.

  Tuttavia può succedere che malgrado ciò che la spugna ha sputato sia davanti a tutti solo pochi sappiano riconoscerne l’evidente diversità e godere appieno dell’autentico valore della trasformazione avvenuta. Offrire un apporto a tale doveroso piacere possibile (compito anni fa assunto indirettamente da Peter Sagen con il suo Album di romanzo per il mio romanzo Frana, sia direttamente da me con Inchiostro per il mio racconto La cura) è il fine dell’esposizione seguente dell’utensileria usata nella lavorazione che ha prodotto questo Dialogo degli alberi.

S.L.

Rimando narrativo

  Talora capita che schegge oppure scie letterarie, piccole o lunghe che siano, raggiungano il grumo di un’idea indistinta per generare nuove forme narrative. È questo il caso del Dialogo degli alberi alla cui stesura ha certo contribuito, presentandosi le condizioni e i richiami giusti, il brano dialogico tratto dal romanzo Conquista (2012) citato qui di seguito.

 

   “… come le foglie che stanno sloggiando da quei tigli» indicando i rami spogli e scricchiolanti sotto cui proseguivano.
  «Non è possibile! E dire che hai sempre parteggiato per loro,» indicando sopra la testa i rami ignudi «giammai per i pini della pineta che, secondo te, mantengono la loro chioma anche d’inverno soltanto per vanità: per essere belli e inutili. Proprio come quel coso colorato lassù. Guarda!» esclamava indicandogli un palloncino azzurro che, rimasto prigioniero ma illeso alla fine del suo volo, il vento offriva alle carezze pericolose e ai graffi mortali dei radi stecchi.
  «Non solo. Un’abbondante nevicata li può stroncare e mettere a repentaglio le cose vicine e le persone di passaggio. I tigli invece, consapevoli di essere soltanto necessari a rendere fresca e profumata unicamente la bella stagione, cominciano sempre per tempo, al comando degli uccelli che abbandonano i nidi fra i loro rami, a togliersi il peso di dosso della loro chioma. Così il gelo, quando arriva, può assalirli e morderli ma difficilmente ce la farà a schiantarli e a vederli abbattersi al suolo a cui concedono solo il prezzo delle foglie cadenti»
  «Eppure alle foglie che cascano e si ammucchiano con le altre come queste,» pestando e scostandone diverse molli o accartocciate «quando sono spazzate via ne seguono, come il tempo che passa e noi vanamente con esso, sempre altre. Almeno finché ce ne sono sui rami»
  «Già» pareva confermare lui chinando pian piano il capo”.

 

Fonte giornalistica

A riportare in superficie tale latente substrato narrativo sono bastate le continue passeggiate sul posto. Vere e proprie testimonianze oculari alle quali si è poi aggiunta la notizia giornalistica di cronaca locale di cui riporto sotto la fonte, nonché uno stralcio delle parti più significative e funzionali all’ideazione e allo sviluppo del progetto narrativo pensato fin da subito in forma di dialogo.

 

[da LA NAZIONE, 20 febbraio 2015, pagina 13]

“ […] Dopo il taglio dei diciotto tigli, adesso si procede a guarire quelli malati. I fusti più alti saranno trattati per fare cicatrizzare le ferite e aiutarli a far ricrescere le chiome. I tronchi più bassi saranno eliminati totalmente dalle radici per metterci a dimora le nuove piante, […] I nuovi tigli saranno piantati fra qualche settimana, una volta che il terreno si sarà assestato […] ”.

 

Appunti fotografici

Alla fine delle azioni arboree suddette ho scattato, a mo’ di appunti visivi, una serie di fotografie alcune delle quali sono qui visibili a puro titolo esemplificativo.

 Viale-01  Viale-02 Viale-03 

Estratto dialogico

La fissità delle fotografie e il lavorio della mente sono stati utili a imprimere sulla retina le immagini necessarie alle tracce di scaletta e da questa, in precise fasi successive, prima la stesura manoscritta su carta e poi la redazione digitale sullo schermo del computer della quale si presenta qui sotto un estratto. 

[da Dialogo degli alberi]

[…] Comunque fosse il vecchio era adesso sulla via del ritorno la quale passava d’abitudine dal lungo viale alberato per anni vanto verde, con la folta pineta lungo il fiume, della sua città. Un tempo ma non ora visto che entrambi erano in pessime condizioni. Anzi, proprio il viale che apparentemente era sembrato essere il più sano dei due nelle ultime settimane aveva patito un deciso e vistoso tracollo, tanto da richiedere il taglio urgente di gran parte dei suoi alberi. […] Tuttavia lo strazio di ciò che osservava doveva essere assai superiore alle sue forze se poco dopo, malgrado un paio di tuoni più vicini e il chiacchierio delle poche persone presenti, si addormentava. Tanto placidamente e profondamente quanto all’improvviso era subito udibile lo strano dialogo fra due alberi. Per la precisione tra una delle due coppie di antichi tigli sopravvissute all’indifferibile e devastante taglio.

«Finalmente, adesso che è tutto finito,» esordiva il tiglio più tozzo dal limitare della grande strada trafficata attorno all’ampia rotatoria davanti a uno dei ponti cittadini «possiamo parlare fra noi».

«Sì, ora che siamo rimasti in pochi,» proseguiva l’altro tiglio più slanciato e prossimo al viale alberato «penso valga davvero la pena farlo».

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