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Premessa

   A enunciare la natura di questo lavoro letterario basterebbe, credo, il titolo. Per quanto riguarda invece il suo scopo è necessario spiegare brevemente il sottotitolo. E per farlo, visto anche le cose e le pratiche citate nel medesimo sottotitolo, ho deciso di ricorrere al paragone, probabilmente abusato ma ancora efficace, con la spugna. Comune oggetto domestico che, come si sa, agisce in due fasi ben distinte sebbene indivisibili. Con la prima azione esso assorbe tutto ciò con cui viene a contatto, trattenendolo e nascondendolo per poi rilasciarlo in forma di solito completamente diversa da quella dell’incetta iniziale. Almeno quando il rilascio – trasfigurato dai geni trasformatori del talento e dell’impegno – assume le caratteristiche inequivocabili – la verità poetica della bellezza – dell’opera d’arte letteraria.

  Tuttavia può succedere che malgrado ciò che la spugna ha sputato sia davanti a tutti solo pochi sappiano riconoscerne l’evidente diversità e godere appieno dell’autentico valore della trasformazione avvenuta. Offrire un apporto a tale doveroso piacere possibile (compito anni fa assunto indirettamente da Peter Sagen con il suo Album di romanzo per il mio romanzo Frana, sia direttamente da me con Inchiostro per il mio racconto La cura) è il fine dell’esposizione seguente dell’utensileria usata nella lavorazione che ha prodotto questo Dialogo degli alberi.

S.L.