Trasloco

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  Se alla fine de Il ladro la coppia protagonista suggella in un fraterno abbraccio la stessa infausta sorte, i due personaggi unici di Trasloco paiono invece confermarla fin da subito distaccandosi l'uno dall'altro lungo l'appartata via cittadina che percorrono.  […] Una sconfitta reciproca, tanto inesorabile e dura, che se non è un vero e proprio tonfo irreparabile lo deve esclusivamente a uno di quei tipici inserti ironici – citati ed esaminati da me già nella scheda riguardante La muta – ai quali ricorre talora Tommaso Landolfi [«sul gradino… un monelloin terra»] e che rischiano di affievolire quel che invece si vorrebbe evidenziare. Ossia, come in questo caso, la carica forte e maligna dell'inquietudine – avvisaglia e presagio d'angoscia – suscitata dai fatti più ordinari e comuni della realtà quotidiana [«devo cambiare casa»]. Accadimenti i quali, così come avvengono all'improvviso, non garantiscono in alcun modo – neanche con l'interrogativa fermezza del co-protagonista [«Diamine... modo»] – della loro soluzione né della loro imprecisata continuazione. Tantomeno preservano il protagonista dalle loro nefaste conseguenze possibili [«D’altra parte... marciapiede»] le quali, proprio perché derivanti da cause apparentemente usuali e insignificanti [«Addirittura… spezzati!»], sembrano richiedere un ulteriore, impensabile sforzo di comprensione unito al contemporaneo, irrinunciabile appello di una spiegazione più chiara e approfondita [«Spiègati meglio.»]. 
 
Da qui avvia il nucleo centrale [«Un trasloco... del dramma»]e si sviluppa lo snodo principale del racconto [«Non si può intraprendere... alla nostra età?»]. Uno scioglimento che si dispiega per una ventina di righi circa scandito, non a caso, dalla parola «dramma» ricorrente ben quattro volte nel giro di cinque serrate righe consecutive. Per giunta accompagnata da altri termini (incertezza, disagio, sospensione, sgomento, estraneità, minaccia) che non solo ne dilatano la portata ma ne evidenziano le possibili, pericolose conseguenze che infatti non tardano a farsi sentire in forma d’implosione tutta interiore.

 […] D
a tali sofferenze non è immune neppure il deuteragonista. Anzi, è forse proprio perché ne è profondamente toccato che intende rimuovere da sé ogni loro insidia. E la maniera più sicura per farlo è di rimandare prontamente ogni preoccupazione al mittente diventato subito, fra l’altro, il destinatario delle sue interessate attenzioni. Espresse prima in modo lapidario [«Eppure... di noi»] e immediatamente dopo in maniera più dura e articolata [«Niente affatto... intelletto»con la quale si chiude, in modo gelido e laconico [«E così lo lasciai»], la prima parte all'aria aperta del racconto.

 […] La seconda si svolge completamente all’interno della casa oggetto del temuto trasloco. Essa incomincia infatti a trasferimento effettuato che, non certo per il poco tempo trascorso bensì per i motivi che informano tutta la novella, reca con sé gli strascichi dei ragionamenti precedenti e preannuncia la conferma dei discorsi successivi.

 […] Una scia di stringente e ben resa inquietudine purtroppo guastata, a mio parere, dal conclusivo inciso fra parentesi
[«questa... passione»]  che anche qui, come già affermato sopra, risulta a mio avviso pleonastico e quindi dannoso al senso d’intimidito smarrimento che l’autore intende imprimere al racconto. Stigma, peraltro, che riaffiora perfino rafforzandosi nel momento stesso in cui il protagonista respinge gli assalti della ragionevolezza più pratica [«A questo punto... potrei fare!»]. Un’impronta quindi che tutt’al più può spingere a covare, come qui il deuteragonista uscente di casa, una forte stizza e un irriducibile risentimento [«Ma ciascuno... rendersi odioso»] nei confronti di chi rivendica, fosse anche in forme scontate e moralistiche, la terribile verità della vita. Ovvero la sua ineludibile quanto strenua e sfiancante precarietà [«Che vuoi farci: l’intera nostra vita è un trasloco»].