A libro aperto

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  Gli “estratti” dei brevi testi presentati di seguito sono stati scritti – almeno quelli riguardanti i racconti di Landolfi – per la possibile rubrica (A libro aperto) della futura rivista pubblicata a cura dell’auspicato Centro Studi Letterari Larmon. Qui sono comunque riuniti in un duplice trittico di sei estratti di schede d’interpretazione critica di cui tre sono stati già pubblicati separatamente in questa sede.Una doppia terna giustificata fin dai titoli (NESSI I e NESSI II) che segnalano, giustappunto “a libro aperto”, tanto le relazioni stilistiche quanto le connessioni tematiche sia fra i racconti di Tommaso Landolfi (La muta, Il ladro, Trasloco) sia tra le novelle di Thomas Mann (Il pagliaccio, Il bambino prodigio, Ora difficile).

  La prima terna landolfiana narra il senso fatale della vita e il peso insignificante dell’uomo in essa. Un significato e un valore compresi e racchiusi fra l’ineludibilità e l’esecuzione dell’irrimediabile miseria del destino umano cui i protagonisti dei racconti nulla possono opporre, se non profetiche e vane epifanie letterarie, ai boia della vita esecutori del presente dei quali nessuno sembra accorgersi ma tutti paiono accogliere.

  Perlopiù in maniera niente affatto dissimile, per quanto concerne le novelle manniane, dalla stima borghese dell’artista considerato alla stregua di un istrione o di un pagliaccio. Una condizione attraverso cui Thomas Mann ha magistralmente raccontato, identificandola con la parabola discendente dell’intellettuale, il declino della civiltà – e di conseguenza dell’individuo ad essa legata – tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Un’impresa alla quale lo scrittore non può mai rinunciare se vuol vivere e abitare, libero e sconfitto, il proprio tragico tempo.

S. L.