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Album di romanzo

AVVERTENZA

    Questo mio ALBUM DI ROMANZO * deve il primo termine del titolo allo stesso Sauro Largiuni al quale venne in mente quando lo misi al corrente dell’idea originaria di saggio critico sul suo romanzo. Forse anche perché vi ravvisò un ideale pendant del testo da lui scritto in precedenza e intitolato INCHIOSTRO (LA FILIERA DI UN RACCONTO).

    Comunque sia, se ho deciso di mantenerlo anche dopo avere modificato l’impianto e la struttura dell’opera le ragioni sono state essenzialmente due. La prima risponde al desiderio di ringraziare del suggerimento il romanziere dedicandogli con ciò, implicitamente, questo lavoro saggistico. La seconda risiede nel fatto che qui la parola album – usata in senso figurato – si presta bene a indicare la genealogia e la morfologia del romanzo elaborate in una sintetica “guida di lettura” composta da una raccolta di schede critiche concernenti ciascuna un capitolo di FRANA.


Peter Sagen

Friburgo, 2010 XII 25

* La presenza qui di questo lavoro saggistico è dovuta unicamente alla stretta relazione con il romanzo (INDIVISIBILI è il titolo dell’opera a puntate diffusa on line a una ristretta cerchia di lettori).

CAPITOLO I

    Il nocciolo di questa scheda è un omaggio a due dei complici maggiori di questo libro: Italo Svevo e Sigmund Freud.

    Tuttavia, prima di tirare in ballo l’autore de LA COSCIENZA DI ZENO, vorrei soffermare l’attenzione su un aspetto ricorrente nel lavoro narrativo di Largiuni. Infatti anche qui si assiste al perpetuarsi di quei “travasi” da un genere all’altro che hanno precedenti illustri in tutte le letterature di ogni tempo. Esempio immediato è il motivo del distacco, dell’abbandono (coincidente con quello privato di Tempi e con quello collettivo del trasloco della sede dell’Istituto). Solo che in questo romanzo il tema del congedo – a differenza di quello, premeditato e di continuo ritardato, del trittico omonimo di racconti brevi – è subito eseguito, anche se i suoi effetti risultano costantemente differiti e dilatati sino a farsi gradualmente più feroci nella condanna finale.

    Per quanto riguarda invece l’oggetto specifico di questa scheda – la psicoanalisi – il debito nei confronti di Svevo/Cosini risulta fin dal passo seguente: «ripensava alla strana coincidenza per cui l’approvazione della richiesta era giunta quando aveva interrotto la psicoanalisi.». Un brano nel quale è evidente come alla rimozione della causa segua – non a caso secondo mezzi e modi propri della terapia psicoanalitica – l’estinzione degli effetti e quindi la fine del trattamento stesso.

    A dire il vero anche nelle righe successive può sembrare ribadita, talora addirittura con beffarda perfidia, la sfiducia nella psicoanalisi. Ma non è così. Anzi, l’autore intende non solo confermare il rispetto per un formidabile metodo d’indagine interiore ma rinnovare anche stima e gratitudine al suo rivoluzionario fondatore. Il “dottor Freud” infatti non è soltanto un altro complice ma rappresenta addirittura per Sauro Largiuni la proiezione novecentesca dell’uomo rinascimentale capace di congiungere in sé arte e scienza. Unici strumenti utili a “inventare il vero”, cioè la bellezza in grado di fecondare la vita nonostante l’impotenza del mondo.

    In ciò egli riconosce la ragione secondo la quale siano rari coloro che possono praticare la psicoanalisi e ancora più sparuti quelli capaci di affrontarla. A meno che, banalizzandola grossolanamente, non la si voglia ridurre a mera tecnica portatile d’interpretazione onirica. Perfino di sogni palesemente inventati (benché basati su fonti visive quali la Metafisica dechirichiana e la Nuova Oggettività di Radziwill) come quello descritto subito dopo («le sferzate d’aria smossa da un’elica e da un mozzo sbucanti oltre un alto muro di mattoni; lo stridore prolungato delle pale e infine la vista fulminea e reiterata delle scintille che sfregiavano la notte arroventando il buio non lo lasciavano in pace. »).

    Un sogno necessario, assecondando una tecnica e un metodo stilistici trattati nella scheda del prossimo capitolo, a richiamare la vicenda narrata poco sotto («un paio d’istantanee. Prima quella del figlio bambino e della giovanissima sposa morti anni prima, durante una vacanza sui monti, per la caduta della cabina di una funivia i cui cavi erano stati tranciati da un aereo militare.»). Ma anche un sogno, per così dire, “a lungo termine”, utile cioè ad anticipare gli eventi raccontati nel finale del romanzo. Epilogo che non soltanto s’innesta nel “fatto di cronaca realmente accaduto” – con lo stesso numero di attori (uomo, donna, ragazzo) fra i quali il più giovane resta la vittima fissa (figlio, assistente) – ma si svolge perfino in uno scenario analogo (montagna).