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Incontro con il libro

(nota per “Incontro con il libro” al Ridotto del Teatro Garibaldi di Figline Valdarno)

 

  Se qualcuno ha già letto dialoghi terminali troverà alcune differenze con la sverza, adattata alla circostanza, appena letta. In compenso avrà avuto modo di sgombrare ogni dubbio circa il titolo. In particolare sull’aggettivo di cui alcuni amici mi hanno fatto rilevare il vago senso necrofilo che evidentemente non ha condizionato chi è presente stasera e che ringrazio.

 

  In realtà si tratta di cosa ben più seria la cui gravità è segnalata fin dal titolo iscritto in una sorta di toppa ad uno strappo, di tampone di un’emorragia, di lapide stesa su una vita senza scampo e su un mondo senza rimedio.

 

  Un’indicazione sepolcrale richiamata anche dal resto della copertina dove scaglie umane deambulanti accentuano possibilità d’incontro, forse di dialogo, solo casuali e sfuggenti. Perciò minime eppure ricorrenti quindi ancora più strazianti.

 

  D’altronde la coraggiosa sopportazione del presente da parte di qualche raro e prezioso individuo (esemplificato nel libro dai protagonisti dei dialoghi) non significa necessariamente che possa sanare ferite personali né quelle inflitte dagli uomini alla loro specie.

 

  Una semenza il cui unico fine pare essere la propria fine. Una specie le cui relazioni autentiche sono ormai ridotte al lumicino (terminali appunto) e sulle quali, tornando ancora alla fotografia della copertina, sembra dilagare, avventarsi e freddarle al suolo proprio la lastra tombale del pavimento su cui si allunga l’ombra di puntale d’un ombrello. Se non la stessa almeno molto simile a quella (cito dal libro) «lunga di un albero che pareva aspettare il momento buono per conficcargli alle spalle, tra le costole, la sua lama scura e affilata» con cui si chiude l’ultimo dei dialoghi terminali.

 

E anche questa serata se nessuno vuole intervenire.

31 I 2004