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Ganzo

   Ho sempre creduto che la parola in questione derivasse dal francese garçon (‘ragazzo’), da cui il medievale garzone o ‘giovane di bottega’. In realtà ganzo ha origini nel latino tardo gangia ‘meretrice’. Ciò spiega l’accezione spregiativa dei primordi di ganzo/a quale ‘amante’ così come del denominale ganzare ‘corteggiare dame’. Il fatto però che la sua genesi sia accostata al ganeum ‘bettola’ − luogo di desideri erotici quanto di piaceri enogastronomici − non esclude la permanenza fino ai nostri giorni di garçon come ‘cameriere’. Questo permette, dopo avere fissato le radici puttane del lemma, di sviluppare la seguente digressione “storico- sociologica”.

   Se è vero che il significato disdicevole di ganza (a cui mai è stato avvicinato il corrispettivo maschile che anzi ha sempre mantenuto anche il senso di ‘uomo destro e scaltro’) è durato secoli non si può tuttavia scordare come esso abbia patito un duro colpo dopo la pubblicazione del romanzo di Victor Marguerite, La Garçonne appunto, nel 1922.

 

   Il successo del libro infatti fu tale che contribuì a cambiare la licenziosità (ravvisata da alcuni nel lontano garganga dal mediorientale baldracca) in indipendenza, il disprezzo in emancipazione. Tanto da influenzare perfino i costumi della società uscita dalla prima guerra mondiale. Si pensi, per esempio, alla garçonniere che da ‘appartamento per scapolo’ divenne ‘femmina che si diverte con i maschi’. Oppure si rammenti, nel campo della moda tricologica, l’acconciatura “alla garçondi cui è un esempio significativo il Ritratto della giornalista Sylvia von Harden di Otto Dix.