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Dialogo degli amici

alla memoria di Giuseppe

  Primo amico: «… a meno che non si voglia inutilmente sfuggire a ciò che non si può perché, purtroppo o per fortuna, è l’unica cosa che si sa fare e resta tale anche quando la gravità del mondo contagia la vita rendendola talora com’esso intollerabile. E quando questo peso si rende talmente insopportabile da disprezzare e bandire la solitudine e il silenzio – vinti nel frattempo da un irremovibile ed esteso isolamento – allora diventa spesso inevitabile pensare all’unico rimedio. A domani e… grazie» congedandosi e spengendo il cellulare.
  […] Secondo amico: «Da quello che non mi hai detto ieri al telefono…» aveva esordito non appena scesi dall’autobus.
  Primo amico: «Che vuoi dire?» l’aveva interrotto e subito continuando «Le parole saranno state forse poche ma di certo tutte quelle necessarie».
  Secondo amico: «D’accordo.» aveva stranamente convenuto «Comunque la tua voce mi ha fatto stare in pensiero. Perciò sono venuto subito,» di colpo fissandolo «prima che questa preoccupazione potesse aggiungersi a tutto ciò che ha concorso ad allontanarci, come il fiume dalla fonte conosciuta da ragazzi per avvicinarlo alla foce che vedremo insieme,» soffermandosi a vincere il tono malinconico con un guizzo di orgoglio «mai però a fiaccare il lungo corso della nostra amicizia»
  Primo amico: «È vero. Tuttavia quando sai insidiata la salute, ogni altra cosa appare, se possibile, ancora più inutile. Tutti i pensieri sono concentrati su tale minaccia. Perfino le illusioni disperse ad una ad una nel corso del tempo non sono nulla in confronto alla perdita di quell’ultima…»
  Secondo amico: «Perché consideri la salute l’estrema illusione?» aveva chiesto interrompendolo e distogliendo lo sguardo da quel che c’era intorno.
  […] Primo amico: «Hai ragione a pretendere da me maggiore chiarezza […] voglio dire che quando la salute viene a mancare all’improvviso,» aveva continuato ripigliando insieme a camminare accanto «senza rapidi esiti ma un’inesorabile e inguaribile progressione essa equivale al colpo di grazia donato a ciascuna di esse»
  Secondo amico: «Insomma, tu penseresti di sostituire la perdita della tua salute, cedendo al tentativo di conquista della morte»
  Primo amico: «Suicidio! Suicidio! Ecco qual è il nome vero del mio pensiero peccaminoso, perdio!»
  […] Secondo amico: « Se lo sforzo fosse davvero minimo e così facile perché la maggior parte degli uomini […] non lo fa?»
  […] Primo amico: «Puoi forse negare che il suicidio sia un gesto gratuito, senza alcun compenso che non sia altro che la privazione delle cause che lo provocano?»
  Secondo amico: «No. Ma per la fede non esistono ragioni che, per quanto numerose e gravi siano,» dando un altro colpo di tosse a schiarirsi meglio la voce «possano giustificare qualunque tipo di suicidio.»
  […] Primo amico: «Se per la fede non ci sono motivi sufficienti per la volontà essi bastano e avanzano. […] a differenza degli altri viventi, abbiamo la libertà di non continuare il genere umano ma non quella di liberarci delle nostre necessità. […] O dovrei forse patire per sempre il rimorso di non aver messo al mondo un altro infelice perché ciò possa bastare a vincere il sollievo che avrei togliendo me stesso di mezzo?»
  Secondo amico: «Va bene. Il tuo sollievo, però, diverrebbe dolore per i pochi che ti sono cari. Senza considerare che alla perduta salute » seguitando a camminare insieme sul lungofiume «puoi sempre opporre la forza delle parole che, credi a me, continueranno a sgorgare dalla tua sorgente come, fra le rocce scoscese e deserte del monte,» interrompendosi un momento come a sciogliere lo stesso nodo alla gola che provava l’altro «le acque del nostro fiume fin là. Alla foce che non ho mai visto e non vorrei presto raggiungere dopo oggi»
  Primo amico: «Non capisco codesta conclusione ma, comunque, andiamo». Giunti alla foce le acque fluviali e marine si mescolavano in un tale rimbombante frastuono da strozzare i loro discorsi finali. Così che non si è mai capito se fosse stato il primo amico a non udire le ultime parole dell’altro o fosse stato il secondo ad ascoltare quelle terminali del primo. Forse presentendo ma senza accorgersi che forse il mandatario del suicidio aveva già cominciato a tallonarlo fino a sorprenderlo e a sopprimerlo anni dopo in un isolato e indifeso riparo su una “lama”, tanto affilata quanto vile, del loro fiume per lui ormai ostile e straniero.